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di TOMMASO FORTE L’amianto c’è. È intorno a noi, si occulta in cavi elettrici, controsoffitti, isolanti per caldaie, in alcuni elettrodomestici (asciugacapelli, forni e stufe, ferri da stiro), nelle prese elettriche. Dopo il decreto legge 257/92 in cui viene vietata ogni produzione, l’amianto, però, è rimasto in ogni dove. Anche in luoghi a contatto con il corpo umano e la nostra vita familiare. E i dati del Centro operativo regionale dell’Università, in terra di Bari, sui casi di mesotelioma maligno sono allarmanti. Nella sola Bari, si registrano 230 casi. Un dato minaccioso. Non tutti, però, sanno riconoscere l’amianto. La vera emergenza è negli agglomerati urbani, in cui l’impasto cementizio con presenza della fibra killer è stato usato con dovizia. I grandi centri, quindi, sono un potenziale rischio per la salute pubblica, specie se non monitorati come per legge. E l’amianto non è solo quello che si vede nelle aree industriali. C’è anche in casa e nei condomìni. A Bari la forte concentrazione è nei quartieri Libertà, Japigia, San Paolo, Bari Vecchia e San Pasquale e, soprattutto, negli alloggi dello Iacp, edificati negli Anni Sessanta. È difficile monitorare la fibra killer nei 21mila alloggi, ma l’Istituto ci sta provando. « L’Ente ha già da vari mesi affidato ad un global service – spiega Sabino Lupelli, direttore generale dello Iacp – la gestione della manutenzione dei propri edifici. È già partita la mappatura dello stato dell’arte degli immobili, con la realizzazione del “f ascicolo del fabbricato”. Tale monitoraggio sarà utile anche all’individuazione dell’amianto. In ogni modo, interveniamo con urgenza, quando emerge l’esigenza o quando viene segnalata, appunto, la presenta di manufatti sospetti». Nei condomìni il rischio è elevato, specie, quando vi sono situazioni di pregiudizio. GLI OBBLIGHI E LE RESPONSABILITÀ – I vincoli dell’amministratore di condominio si configurano prevalentemente in due attività: la valutazione del rischio e la classificazione dei materiali «non danneggiati», «danneggiati» oppure «non danneggiati ma suscettibili di danneggiamento ». Il Dpr emanato l’8 agosto 1994 impone ai proprietari di immobili, ai gestori dell’attività, agli amministratori di condominio o agli aventi titolo, di notificare all’Asl la presenza di amianto, indicando se nel proprio edificio/ abitazione siano presenti strutture o manufatti che lo contengano. MONITORAGGIO E IMPORTANZA DELLE ANALISI – Il prof. Fr ancesco Fr acassi, direttore del Dipartimento di Chimica dell’Università di Bari, consulente della Procura: «Il rischio maggiore di inalazione della fibra si ha con i materiali friabili o ridotti in polvere. Decisamente meno pericolosi sono i materiali compatti. La presenza in un edificio di un materiale solido, in buone condizioni, non comporta pericolo per la salute degli occupanti. Se il materiale, però, è danneggiato o è friabile il rilascio di fibre è possibile e il potenziale rischio per la salute è elevato. Per valutare il rischio amianto, quindi, si può ricorrere alla semplice ispezione del materiale, al prelievo e all’analisi dell’aria al fine di individuare la presenza di fibre aero disperse. Se l’analisi mostra presenza di amianto nell’aria non ci sono dubbi: l’esposizione c’è e quindi il rischio per la salute è concreto». IL COMUNE – «Accanto alle vicende Fibronit e Torre Quetta – aggiunge Maria Maugeri, assessore all’ambiente del Comune – si sono sviluppate nuove consapevolezze. Si è fatta, inoltre, più pressante la macchina dei controlli. Fatto sta che lo Spesal ha approvato piani di lavoro di oltre duemila tonnellate di amianto a base annua. Un risultato eccezionale se si considera che la maggior parte degli interventi riguarda piccole quantità (un pluviale, un cassone, un metro quadro di tettoie), di materiali contenenti amianto. Segno che, al di là delle inevitabili distorsioni di chi si libera abusivamente di tali rifiuti, commettendo un reato, una considerevole maggioranza di cittadini ha preso coscienza e rispetta la legge». |