BARI – Dopo 23 anni dalla messa al bando del pericoloso minerale, ecco anche per la Puglia il piano regionale di protezione dell’ambiente, decontaminazione, smaltimento e bonifica ai fini della difesa dai pericoli derivanti dall’amianto. La giunta regionale lo ha adottato dopo una lunga pausa dovuta alla Valutazione ambientale strategica che si è rivelata particolarmente complessa. Ora si attende il via libera definitivo che verrà dal consiglio regionale.
Il piano regionale amianto (Pra) arriva in un contesto territoriale ancora problematico. Gli abbandoni incontrollati, soprattutto in campagna, di materiali contenenti amianto sono all’ordine del giorno. Passo complementare al piano regionale sarà procedere con una campagna informativa dalla quale emerga con chiarezza, che i primi a rischiare la salute perché esposti alla dispersione di fibre sono proprio coloro che rimuovono i manufatti (ad esempio tettoie in eternit, canne fumarie, vecchie vasche di raccolta dell’acqua piovana, pluviali) senza alcuna dotazione di sicurezza. L’amianto, infatti, se in matrice compatta, non costituisce un pericolo immediato.
Il pericolo si crea proprio laddove un’attività meccanica (colpi di martello o di sega, per intendersi), oltre all’azione degli agenti atmosferici, ne provoca la frantumazione con conseguente diffusione di fibre cancerogene. Il piano regionale getta le basi per il censimento, il più possibile completo, delle quantità di amianto (in matrice compatta e friabile, necessitante bonifica o meno) presente sul territorio. Per arrivare a questa ricognizione occorre che i cittadini tutti (amministratori condominiali in particolare) collaborino con la Regione attraverso una segnalazione (auto- notifica) agli organismi di controllo.
Il censimento non parte da zero. Al momento già si sa, grazie alle rilevazioni fatte dalla Guardia di finanza e dal Consiglio nazionale delle ricerche con il sistema di rilevamento multispettrale Mivis, dell’esistenza in Puglia di 5.000 tetti di amianto di cui 1.706 con dimensioni superiori a 500 metri quadrati e 2.751 con dimensioni superiori a 200 metri quadrati. A questo vanno aggiunte tutte le altre matrici di. Il fibrocemento utilizzato per i tetti si associa, infatti, in particolare in aree geografiche come quelle di Taranto, a quantitativi di amianto legati anche alla presenza di navi, alla cantieristica navale, a capannoni con tetti metallici che al proprio interno contengono amianto, a impiantistica industriale.
Il piano regionale contiene una stima dei volumi di materiali contenenti che occorrerà trattare (mandare in discarica oppure, come sperano le associazioni, trattare con sistemi innovativi, in alcuni casi attualmente in fase di sperimentazione, di modifica e inertizzazione che consentono una vera e propria modifica della struttura chimica dell’amianto) nei prossimi anni in Puglia, a censimento completato. Si parla di un totale (ma è una stima al ribasso) che sfiora il milione e 800mila metri cubi così suddivisi su base provinciale: Foggia 19,90% per 348.204,47 metri cubi; Taranto 5,24% per 91.700,26 metri cubi; Lecce 20,01% per 350.128,25 metri cubi; Brindisi 8,02% per 140.436,06 metri cubi; Barletta-Andria-Trani 17,88% per 312.935,14 metri cubi; Bari 28,95% per 506.595,82 metri cubi. Sperando nell’efficacia dei sistemi di trattamento e modifica della struttura chimica dell’amianto, il piano prefigura anche la necessità di discariche dedicate. Non individua siti, ma specifica le caratteristiche dell’area nella quale sarà possibile realizzarla (territori argillosi) e quelle dove sarà assolutamente impossibile. Si parla inoltre dell’istituzione di un fondo di solidarietà per le vittime dell’amianto. Si spera in tal senso di arrivare a protocolli di diagnosi precoce.
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